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Alla scoperta dell’Hypericum perforatum L.

Il viaggio alla scoperta delle specie botaniche preservate all’interno dell’Hortus Simplicium non poteva che cominciare con l’iperico: erba per eccellenza da sempre legata a san Giovanni Battista, martire cristiano messo a baluardo delle streghe e dei demoni nella notte del solstizio

L’iperico è una pianta di origine eurasiatica divenuta poi cosmopolita. Cresce infatti in tutte le zone del mondo prediligendo prati aridi, boschi radi e margini delle strade spingendosi fino ai 1600 metri di altitudine.

Descrizione

Pianta erbacea perenne, appartenente alla famiglia delle Ipericacee, l’iperico varia in altezza dai trenta agli ottanta centimetri; il suo fusto alla base è prostrato, lignificato, con rami orizzontali afilli più o meno arrossati e rami eretti fioriferi, con due linee longitudinali su lati alterni negli internodi successivi. Le foglie sono lanceolate, opposte, prive di picciolo, di colore glauco nella pagina inferiore, cribrose, cosparse di ghiandole traslucide e con ghiandole scure sul bordo. La fioritura avviene dal mese di maggio a quello di agosto ed è riunita in infiorescenze dette corimbi multiflori, i petali sono di colore giallo, spesso asimmetrici e con ghiandole scure sul bordo. Il frutto è una capsula e il seme si presenta cilindrico o ellittico con la superficie reticolata e di colore variante da rosso a nero.

L’iperico nel Medioevo

Ippocrate e Dioscoride attribuivano al nome iperico il significato di “stare al di sopra dell’immagine”. Si credeva infatti già in epoca medievale che l’iperico fosse in grado di dominare, e quindi scacciare, gli spiriti infernali, comprese le streghe che si credeva fossero solite invadere le strade nella notte di San Giovanni per recarsi al loro convegno annuale. Per questo l’iperico porta il titolo di “erba cacciadiavoli”. Nel Medioevo, questa credenza spingeva le persone che si trovavano a girare per le strade a proteggersi infilandosi mazzetti di iperico, aglio, ruta e artemisia sotto la camicia e ad appendere alle porte ed alle finestre delle abitazioni rametti della pianta. Sempre durante la notte di San Giovanni, in molti paesi europei esisteva l’usanza di danzare attorno ai falò con il capo adornato di corone di iperico che venivano gettate all’ultimo tra le fiamme per propiziare i raccolti e la salute del bestiame. In alternativa venivano lanciate sui tetti delle case per proteggerle dai fulmini. Si credeva che la pianta gettata nel focolare proteggesse la casa mentre, legata alle culle, evitava gli scambi dei neonati. Inoltre veniva inserita in amuleti o sotterrata di fronte alle stalle per proteggere dalle fatture.

L’origine dell’iperico è legata al sangue del Battista per la caratteristica dei petali di secernere un liquido rosso quando vengono strofinati. Le ghiandole traslucide simili a fori, sulle foglie, la legano alla flagellazione del Cristo.

Oltre le credenze popolari

In medicina Plinio consigliava l’iperico per favorire le mestruazioni, contro i dolori articolari, per le scottature. Nel Medioevo la pianta era molto apprezzata per favorire la guarigione delle ferite: veniva utilizzata dai cavalieri monaci durante le Crociate per risanare tagli sanguinanti, e probabilmente portata sotto forma di olio per curare i pellegrini nei loro lunghi cammini verso la Terrasanta.

Oleolito di iperico

L’estratto oleoso detto “oleolito di iperico” prevede la macerazione a freddo nell’olio di oliva delle cime fiorite appena subito dopo la raccolta, senza necessità di lavarle, per preservarne la durata e la successiva esposizione al sole. Trascorso il tempo necessario per assumere un colore rosso vivo e profondo veniva filtrato per poi essere pronto al suo prezioso utilizzo.

L’iperico oggi

Oltre alle capacità cicatrizzanti, la pianta dell’iperico è considerata balsamica, antinfiammatoria, antibatterica, antisettica e diuretica. Uno dei suoi famosi principi attivi è l’ipericina che viene utilizzato con successo nelle cure di lievi depressioni, ansie, insonnie e per facilitare l’individuazione di cellule cancerogene. Una volta introdotta, illuminando i tumori con una luce azzurra, attraverso un apposito endoscopio, essi si si colorano di rosso grazie all’effetto fosforescente della sostanza.

L’ipericina, essendo una fototossina, in combinazione con l’esposizione alla luce solare può provocare reazioni cutanee se utilizzata in grandi quantità.

 

A cura di Fabiano Ermini e Roberta Zirone per l’associazione Hortus Simplicium 

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