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L’arte dei Madonnari di Bergamo: il racconto del fine settimana

Fuori piove ma che importa. Anzi, è più bello stare insieme nei grandi spazi della chiesa di San Domenico nel fine settimana dedicato ai Madonnari di Bergamo, tornati a partecipare a questa edizione della Valle del Primo Presepe dopo le costrizioni dovute alla pandemia. Alle 9 del mattino di sabato una ventina di ragazzi dell’indirizzo artistico dell’istituto reatino “Elena Principessa di Napoli” erano già silenziosamente al lavoro, immersi in una sorta di bolla creativa che li allontanava dal grigiore del mondo esterno. E distanza anche dai telefoni silenziati negli zaini, o sporchi di gesso sulla moquette azzurra: “Lo uso per vedere l’ora, i messaggi li vedrò dopo, in una pausa”, dice Annaclara mentre agita i polpastrelli intrisi di polvere variopinta.

Giovanni Perico gironzola nelle postazioni, fornisce senza sosta suggerimenti, consigli preziosi su come realizzare il disegno. “Mi raccomando, non eccedete con il colore e mantenete sempre pulito il vostro lavoro, è molto importante”. Francesco, quindici anni, ha scelto di raffigurare il volto angelico della Madonna di Botticelli, sentendolo proprio tra le tante opzioni proposte da Giovanni: “Sono credente, sento vicina la figura della madre di Gesù. All’inizio non è facile, sto cominciando a prendere dimestichezza con la tecnica”. Con le scuole chiuse e una giornata che decisamente non invoglia ad uscire, tanti adolescenti non hanno esitato ad alzarsi presto e mettersi in viaggio verso il centro di Rieti, solo per provare un’esperienza artistica nuova. Qualcuno è venuto da Contigliano, qualcun altro addirittura da Leonessa. “Ci ha proposto questa esperienza la nostra insegnante di arte, ho accettato subito anche se non sapevo a cosa andavo incontro – prosegue Francesco – ma sono sempre stato molto affascinato dai Madonnari, ricordo le opere straordinarie che facevano su via Cintia, di fronte al cinema”. Si comincia con il tratteggiare la sagoma del disegno sulla tavola di compensato, poi si passa al colore: “È bene iniziare dagli occhi, dai visi – spiega Giovanni – non solo perché è la parte più difficile, ma anche perché è quella più importante. È certamente meglio che la Madonnina abbia un bel volto, piuttosto che sia perfetto uno sfondo o il castello in lontananza”.

Freschi ed entusiasti, i ragazzi si confrontano tra loro sulla scelta della tonalità giusta per realizzare gli incarnati. Aurora sta lavorando su un angioletto con una colomba in mano, prima ha steso un tenue color pesca sul volto, a seguire sta usando il bianco per dare risalto ai punti luce. “La trovo una cosa molto bella, si fatica un po’ a trovare la posizione stando seduti a terra, a volte ti alzi per sgranchirti, oppure ti rannicchi o allunghi le gambe: dipende anche dalla zona del disegno che stai realizzando”. Giovanni Perico aiuta con pazienza: “Non saltate da una parte all’altra del disegno, iniziate dalla fronte e poi scendete, senza paura”. Una passione per l’arte di strada la sua, intrapresa circa trentacinque anni fa per puro caso, grazie ad amici che gli fecero conoscere un mondo affascinante, da allora mai più abbandonato. “Ho avuto la fortuna di essere seguito in questa impresa dalla mia fidanzata Paola, che ora è mia moglie. Una condivisione che ci ha portati a raccogliere soddisfazioni immense e assolutamente inaspettate”.

Un hobby portato avanti come tale per oltre un ventennio, poi divenuto un vero e proprio lavoro: “Attraversiamo l’Italia in lungo e in largo, andiamo anche spesso all’estero per far conoscere l’arte dei Madonnari. Veniamo a Rieti già da qualche anno per La Valle del Primo Presepe, ci troviamo sempre benissimo”. Giuseppe e Paola dipingono tutto l’anno, su commissione o per strada, utilizzando varie tecniche. “Ma per noi il gessetto colorato è la cosa più bella del mondo. Facciamo parte di quella cerchia un po’ pazzerella degli artisti di strada, e quando ci chiedono se ci dispiace che la nostra opera sia distrutta da pioggia o calpestio, ormai ci ridiamo su. Gli artisti di strada fanno spettacolo e regalano emozioni: chi con il fuoco, chi con le bolle di sapone o camminando in bilico su una fune. Noi il nostro spettacolo lo facciamo con il colore, e se non ci portiamo a casa il nostro dipinto non ci importa: l’essenziale è aver regalato un momento di serenità alle persone. Che duri un secondo o un’ora, vedere il sorriso delle persone è una sensazione che non ha prezzo”. 

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