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Papa Francesco a Greccio

La visita di papa Francesco a Greccio: onore più grande non poteva esserci, per la piccola valle reatina che custodisce il “piccolo” del francescanesimo: un Pontefice che non solo visita il più noto dei suoi santuari francescani, ma che addirittura emana un documento del suo magistero spirituale.
Papa Francesco a Greccio

Un testo che risulta «Dato a Greccio, nel Santuario del Presepe, 1° dicembre 2019, settimo del pontificato». A firma del primo Papa della storia che ha scelto di chiamarsi Francesco. Onore più grande non poteva esserci, per la piccola valle reatina che custodisce il “piccolo” del francescanesimo («Rieti sta ad Assisi come la Porziuncola sta alla basilica di Santa Maria degli Angeli», ama dire il vescovo Domenico): un Pontefice che non solo visita il più noto dei suoi santuari francescani, ma che addirittura emana un documento del suo magistero spirituale breve ma importante ai fini di quell’annuncio del Vangelo che nel pontificato del “gesuita francescano”, quello che si fonda sull’Evangelii gaudium, non può che essere, francescanamente, sine glossa.

«San Francesco, con la semplicità di quel segno, realizzò una grande opera di evangelizzazione. Il suo insegnamento è penetrato nel cuore dei cristiani e permane fino ai nostri giorni come una genuina forma per riproporre la bellezza della nostra fede con semplicità», si legge nella Lettera apostolica Admirabile signum firmata da papa Bergoglio sull’altare della grotta che custodisce la memoria del primo presepe che san Francesco realizzò nel Natale 1223. Una scelta significativa: infatti, prosegue il testo papale, «il luogo stesso dove si realizzò il primo presepe esprime e suscita questi sentimenti. Greccio diventa un rifugio per l’anima che si nasconde sulla roccia per lasciarsi avvolgere nel silenzio».

Ne era rimasto colpito, il Pontefice italo-argentino, quando nel gennaio 2016 giunse a sorpresa a pregarvi in visita privata. E nell’ideare questo atto di magistero dedicato a illustrare l’importanza del presepio, ha pensato di ritornare qui, all’eremo addossato al Monte Lacerone, stavolta in visita ufficiale ma nella semplicità tutta serafica che rende tutto familiare e improvvisato: niente clamori, niente comitati preparatori, niente folle oceaniche, solo una rappresentanza dei fedeli del paese, bambini in testa, a salutare il Papa sul sagrato del santuario, le rappresentanze della comunità cristiana e comunità civile in chiesa, i francescani dentro la grotta, un po’ di gente della valle a salutare il suo arrivo in elicottero.

Decolla puntuale dall’eliporto vaticano il volo papale, e puntuale giunge nello spiazzo sotto il santuario che venne realizzato per la visita di Giovanni Paolo II del 2 gennaio 1983. Ad accogliere il Papa che scende dall’elicottero, ci sono i “tesori” della Chiesa: alcuni malati e disabili assistiti dai volontari dell’Unitalsi, con il co-assistente dell’associazione padre Orazio Renzetti. Per tutti un saluto, una carezza, una raccomandazione a pregare per lui, da parte del Santo Padre, che poi sale in auto e, salutando la folla lungo il breve percorso, raggiunge il santuario dalla parte superiore. Sceso dall’auto in cima alla scalinata, viene accolto da monsignor Domenico Pompili con il padre guardiano Francesco Rossi. E appena si vede la sua figura scendere dai gradini, scatta il boato dei grecciani dietro le transenne, mentre i bambini della scuola elementare del paese, festosi con i loro palloncini colorati, si uniscono nel cantare la ballata del presepe di Forza venite gente.

Accompagnato dall’arcivescovo Rino Fisichella (il presidente del Pontificio Consiglio per la nuova evangelizzazione, “regista” dell’iniziativa), il Papa si dirige alla grotta, dove lo attendono i francescani: ci sono i frati Minori del santuario e degli altri conventi della valle reatina, in testa il padre provinciale Luigi Recchia, con qualcun altro che si è aggiunto, i postulanti delle province laziale-abruzzese e toscana che si stanno formando a Fonte Colombo, la comunità interobbedenziale di Rieti, alcune suore francescane. Entrato nella grotta, Francesco sosta in preghiera silenziosa per diversi minuti dinanzi alla roccia con il Bambinello in ricordo di quella speciale celebrazione della Natività che il santo di Assisi visse otto secoli fa rivivendo il mistero di Betlemme. Poi, mentre frati e suore intonano il Salve sancte pater (l’antifona gregoriana di saluto a san Francesco), Bergoglio si alza per firmare, sull’altare, la copia originale della Lettera apostolica: si sancisce così ufficialmente che da Greccio il pastore della Chiesa universale ricorda al mondo il messaggio caro a san Francesco: il «mirabile segno del presepe», che qui ha avuto origine, «è come un Vangelo vivo», secondo le parole iniziali del documento.

Il Pontefice lascia sull’altare un suo dono al convento: un bel Bambinello ligneo. Si rivolge poi ai religiosi e religiose raccolti nella cappellina, ricordando loro che «il messaggio più grande di Francesco è la testimonianza. Quella frase: “Predicate il Vangelo, se fosse necessario anche con le parole”. Non si tratta di fare proselitismo, di convincere. Gli ultimi, i peccatori… La testimonianza. Lui ci ha fatto dalla terra, come dice il Libro della Genesi, Lui ci ha fatto terra, siamo terra… Si è innamorato della nostra terra… La testimonianza dell’amore di Gesù… La povertà, l’umiltà…», concludendo con un semplice «Grazie!», prima di recitare con loro il Padre nostro. Non manca qualche momento confidenziale, prima di uscire: «Se avete un minutino, pregate per me», chiede ai religiosi. E poi domanda scherzando: «E come si comporta il vescovo?». E poi qualche foto di gruppo, prima coi postulanti, poi coi frati.

Sul balconcino fuori dalla cappella, lo attendono alcuni figuranti della Pro Loco grecciana che ogni anno danno vita alla rievocazione in costume medievale del Natale di san Francesco del 1223: una stretta di mano anche con tutti loro. Poi, risalendo le scale verso la chiesa, di nuovo gli applausi dei paesani raccolti dietro le transenne sul sagrato, che nel frattempo hanno seguito il breve rito sul monitor. Stavolta Bergoglio si avvicina e l’entusiasmo è alle stelle. I bambini intonano un’altra canzone di Forza venite gente, quella che rievoca Francesco che coi suoi compagni va da “messer lo Papa”: “Andiamo, andiamo, ventiquattro piedi siamo”. Monsignor Pompili canta insieme a loro e il Papa ascolta sorridente. Gli consegnano un cuore di cartone e un plico con i pensieri scritti per lui, lo riempiono di sorrisi (uno dei più piccoli, di nome Francesco, se ne esce candido: «Io mi chiamo come te!»), agitano festosi ramoscelli d’ulivo, prima che faccia ingresso in chiesa, dove scatta un altro applauso non appena la bianca figura del Successore di Pietro varca la soglia.

All’interno dell’aula liturgica, i rappresentanti della comunità civile: parecchi dei sindaci del territorio diocesano, in testa il primo cittadino di Greccio, Emiliano Fabi, in prima fila accanto al presidente della Provincia Calisse, il prefetto Reggiani, con i vertici delle forze armate e dell’ordine, i parlamentari reatini Melilli e Lorenzoni, l’assessore regionale Di Berardino col consigliere Refrigeri. Poi i rappresentanti della comunità ecclesiale: ci sono i vescovi Delio Lucarelli, l’emerito della diocesi, e il reatino Lorenzo Chiarinelli, emerito di Viterbo; dei sacerdoti i vicari di zona, e poi la rappresentanza di religiosi e religiose, i responsabili di aggregazioni laicali e uffici pastorali. Nella balconata superiore si affacciano altri preti, diaconi e suore.

Il Papa si avvia verso l’altare mentre inizia la prima esecuzione del coro di voci bianche scelto per accompagnare coi canti della tradizione natalizia questa piccola liturgia della Parola: si tratta dei “Piccoli cantori di Torrespaccata”, coro nato nella parrocchia Santa Maria Regina Mundi del quartiere romano, animata dai frati Carmelitani, con il direttore Daniele Perri, l’organista Alessandro Mattia, il fondatore e guida spirituale padre Lucio Maria Zappatore.

Dopo il saluto liturgico e l’orazione, sale all’ambone il neo professo fra Francesco Di Pede, che una settimana fa nello stesso luogo aveva emesso i voti perpetui come religioso francescano, per leggere il brano dell’evangelista Luca che narra della nascita di Gesù a Betlemme. Segue la lettura del noto passo delle Fonti francescane in cui si racconta il Natale di Greccio (dalla Vita prima del Celano), origine della tradizione del presepe. Quel segno, commenta subito dopo il Santo Padre nella sua meditazione, che «parla da solo. Qui non c’è bisogno di moltiplicare le parole, perché la scena che è posta sotto i nostri occhi esprime la saggezza di cui abbiamo bisogno per cogliere l’essenziale».

Un segno, il presepio, che ispira il silenzio e la preghiera, dice Bergoglio: «Il silenzio, per contemplare la bellezza del volto di Gesù bambino, il Figlio di Dio nato nella povertà di una stalla. La preghiera, per esprimere il “grazie” stupito dinanzi a questo immenso dono d’amore che ci viene fatto». Un segno in cui «la pietà popolare ha accolto e trasmesso di generazione in generazione, viene manifestato il grande mistero della nostra fede: Dio ci ama a tal punto da condividere la nostra umanità e la nostra vita. Non ci lascia mai soli; ci accompagna con la sua presenza nascosta, ma non invisibile. In ogni circostanza, nella gioia come nel dolore, Egli è l’Emmanuele, Dio con noi».

Di qui l’esortazione a fare come i pastori di Betlemme, accogliendo «l’invito ad andare alla grotta, per vedere e riconoscere il segno che Dio ci ha dato. Allora il nostro cuore sarà pieno di gioia, e potremo portarla dove c’è tristezza; sarà colmo di speranza, da condividere con chi l’ha perduta».

La piccola celebrazione prosegue con la lettura integrale dei passi della Admirabile signum, intervallati qua e là dagli interventi canori dei pueri cantores biancovestiti: al microfono si alternano due voci “professionali”, quelle dei telegiornalisti Rai Cesara Buonamici e Massimiliano Ossini, assieme ai due figli di quest’ultimo.

Prima, però, la consegna simbolica di alcune copie della Lettera: a riceverla dalle mani di papa Francesco, sono due famiglie (i Miarelli di Rieti e gli Antonetti di Greccio), i tre vescovi presenti, il padre guardiano, i vicari di zona don Lorenzo Blasetti, don Sante Paoletti, don Luciano Candotti, don Ferruccio Bellegante (vagante al momento la carica per la zona del Cicolano), due religiose francescane (la madre provinciale delle Missionarie di Gesù Bambino e la generale delle suore di Santa Filippa Mareri), per le autorità civili i sindaci di Greccio Fabi e di Rieti Cicchetti, e ancora Maria Antonazzo della pastorale giovanile, Simona Santoro per gli insegnanti di religione, la responsabile della Cdal Stefania Marinetti, il direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali David Fabrizi, la presidente dell’Ac Silvia Di Donna, Mario Iarussi per l’Ofs, Natale Scasciafratte per i neocatecumenali, Paolo Di Benedetto per i medici cattolici.

Dopo la benedizione finale, la consegna al Papa di doni ricordo dal sindaco e dalla comunità francescana. È tempo di tornare, salutato dall’ultimo applauso di chi, a nome dell’intera terra reatina onorata dalla sua visita, ha accolto Francesco come colui che di Francesco vuol seguire le orme.

Fonte: Frontiera

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