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Ludovico da Tolosa vescovo francescano nel trittico di Zaino di Pietro a Fontecolombo

Pronipote di Luigi IX, figlio secondogenito di Carlo il ciotto, Ludovico d’Angiò nacque nel salernitano nel 1274.

A dieci anni di età, insieme con i fratelli Carlo Martello e Roberto, fu consegnato in ostaggio agli Aragonesi per garantire la risoluzione dell’aspro conflitto che nel 1282 era scoppiato con i Vespri Siciliani facendo naufragare i progetti egemonici degli angioini.

Il pontefice francescano Niccolò IV si dimostrò sensibile alla delicata questione dell’Italia meridionale, sostenendo il rilascio incondizionato di Carlo II e dei suoi figli.

In quest’ottica, il papa respinse i trattati di Oléron e di Champfranc, ritenendoli vessatori.

Il giovane Ludovico, intanto, durante la prigionia di Barcellona maturò la scelta di entrare nell’Ordine dei Minori. Alla morte di Carlo Martello (+ 1295), Ludovico rinunciò al diritto di successione in favore del fratello Roberto. Ordinato sacerdote nel 1296, fu eletto vescovo di Tolosa ed intraprese una pastorale sensibile ed attenta all’assistenza dei poveri.

Nel 1297, intraprese il viaggio alla volta di Roma per assistere alla canonizzazione di Luigi IX di Francia. Morì a Brignoles, in Provenza, colpito da febbri malariche.

Fu canonizzato nel 1317 da Giovanni XXII ed il suo culto si diffuse rapidamente, promosso tanto dagli angioini, quanto dai francescani.

La locale arte sacra ne reca importante testimonianza nell’altarino portatile dei frati di Fontecolombo firmato da Zanino di Pietro «habitator Venetiis», pregevolissima testimonianza del gotico internazionale.

Nella pala centrale, viene raffigurata con gusto calligrafico la scena della Crocifissione, affollata di personaggi che si stagliano sul fondale dorato. Negli sportelli laterali, sono disposti i Santi dell’Ordine dei Minori che vengono riproposti così alla memoria ed alla devozione: nello sportello di destra, sono allineati Sant’ Elisabetta d’Ungheria, Santa Chiara e San Francesco, nello sportello di sinistra, San Ludovico da Tolosa, Sant’Antonio di Padova e San Bonaventura da Bagnoregio.

E’ singolare la descrizione iconica proposta per il Santo angioino, che indossa sul saio ruvido il mantello regale, di un serico, intenso blu cobalto punteggiato dai gigli dorati di Francia, mentre ai suoi piedi è disposta la corona, simbolo della regalità a cui ha rinunciato.

Meno dettagliata sarà la raffigurazione proposta da Vincenzo Manenti (1600-1674) nella lunetta del portale della chiesa conventuale di San Francesco, eseguita nel 1635 al tempo dei complessi lavori di ristrutturazione della monumentale basilica, perennemente minacciata dalle piene del Velino.

È significativo, però, che ancora a oltre tre secoli dalla canonizzazione di Ludovico da Tolosa, quando ormai il mito angioino era definitivamente tramontato, la memoria del Santo francescano di casa d’Anjou fosse riproposta accanto a San Francesco, Sant’Antonio di Padova ed al beato Angelo Tancredi da Rieti.

A cura di Ileana Tozzi

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