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La ninfea bianca: simbolo di innocenza e purezza

Alla scoperta della Nymphaea alba L., il cui fiore da sempre è un simbolo di purezza ed innocenza e che con il suo candore impreziosisce lo stagno dell’Hortus Simplicium.

La Nymphaea alba L. è una specie originaria dell’Asia, Africa ed Europa dove privilegia vivere in acque stagnanti, ferme o con deboli correnti, a partire dai 0 sino ai 1500 metri di altitudine.

Descrizione

La ninfea bianca è una pianta perenne acquatica, appartenente alla famiglia delle Nymphaeaceae. Il rizoma è lungo e carnoso, affondato nel fango, può raggiungere sette centimetri di spessore e un metro di lunghezza, è ricoperto dalle cicatrici dei piccioli delle foglie e munito di radicole lungo tutta la sua superficie. Il fusto è flaccido e tenace; le foglie sono costituite da una lamina piana a contorno circolare, intera, galleggiante sull’acqua e glabra. Il picciolo, inserito ad un terzo della lamina, è di sezione circolare, flessibile e al suo interno possiede un gran numero di sacche e tubi aeriferi che permettono il galleggiamento. La pagina superiore della foglia è liscia, come cerata, per facilitare lo scorrimento dell’acqua ed evitare l’occlusione degli stomi. Le giovani foglie, ancora immerse, sono avvolte su se stesse. I fiori sono natanti, delicatamente profumati e la grandezza del diametro varia dai dieci ai dodici centimetri; sono composti da quattro sepali coriacei, verdi all’esterno e bianchi all’interno, sempre più brevi dei petali; i petali sono venti, bianchi e sfumati di giallo alla base, raramente rosei, spiralati e quelli interni si riducono fino a trasformarsi
progressivamente in stami gialli. I frutti sono capsule emisferiche che dopo la fioritura si staccano e cadono in acqua, dove si lacerano le pareti. I semi sono tenuti insieme da un involucro mucillaginoso, inglobando bolle d’aria risalgono in superficie dove l’involucro si dissolve liberandoli e lasciando agli uccelli acquatici il compito della loro disseminazione.

Utilizzi

Le ninfee sono da sempre utilizzate nella medicina popolare per le loro acclamate proprietà narcotiche e sedative.
Ninfeina, nufarina, glicosidi, resine, tannini sono i principi attivi contenuti nella pianta. La ninfeina a dosi molto basse ha proprietà sedative e anafrodisiache, altrimenti è altamente tossica e può provocare paralisi dei nervi sensitivi e motori fino alla morte per arresto cardiaco e respiratorio.
I rizomi vengono impiegati nella cura di cistiti, enteriti, insonnia, nefriti, emorroidi e nei disordini urinari. Nel medioevo si ricorreva all’infuso di ninfea per calmare isterici e ninfomani.
Foglie, radici e fiori sono impiegati nella medicina ayurvedica nel trattamento del diabete. Nei fiori della pianta è stato isolato il nymphayol, uno sterolo che stimola la secrezione dell’insulina e possiede proprietà antinocicettive, immunomodulatorie e antipiretiche.
Le ninfee sono state ampiamente usate anche come fonte di cibo e lo sono tuttora in diverse regioni dell’Africa e dell’Asia. I rizomi contengono infatti una quantità elevata di amido, usato in passato nei periodi di carestia. Venivano raccolti durante la stagione secca, fatti cuocere almeno due volte in abbondante acqua per disperdere gli alcaloidi, i glicosidi, le resine e i tannini.
Una volta cotti si mangiavano lessati o si facevano essiccare per ricavarne una farina molto povera, con la quale era possibile panificare.

Fra miti e leggende

Il nome del genere Nymphaea secondo Teofrasto e Dioscoride deriva dal greco nymphaia e significa “pianta delle ninfe”, tipica dei boschi e delle zone acquatiche e paludose dove dimoravano le ninfe. Le ninfe, come si legge nei testi mitologici, erano infatti immaginate come giovani creature, non tutte immortali, alberganti nei ruscelli, nei fiumi, nei laghi, oppure negli alberi delle
selve o nelle grotte dei monti create per compiacere gli dei dell’Olimpo.

A cura di Fabiano Ermini e Roberta Zirone dell’Associazione Hortus Simplicium

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