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La pace in san Francesco

A Poggio Bustone, immediatamente sopra il convento, nel “tempietto della Pace”, c’è una statua marmorea di san Francesco, opera di Lorenzo Ferri, sorride e con le braccia protese sembra voler abbracciare tutti
san francesco

Nel tempo difficile che stiamo vivendo, con venti di guerra che soffiano violenti, una domanda può affacciarsi al nostro cuore: per san Francesco cos’era la pace?
Ad Assisi, il 4 ottobre del 2013, papa Bergoglio spiegava che «La pace francescana non è un sentimento sdolcinato», né «un’armonia panteistica con l’energia del cosmo», ma «quella di Cristo e la trova chi prende su di sé il suo giogo, cioè il suo comandamento “amatevi gli uni gli altri come io vi ho amato”». La pace non è un messaggio estraneo alla sua persona, ma qualcosa che l’attraversa. San Francesco visse in un’epoca segnata dalla violenza: le città del centro Italia erano divise tra loro e all’interno. Anche Francesco ha combattuto in guerra, è stato fatto prigioniero, ha subito il fascino del potere e del successo che la guerra sembra offrire. Che cammino ha fatto per arrivare a un’altra posizione? Spiega fra Massimo Fusarelli, ministro generale dei frati Minori, che nei suoi scritti Francesco parla dei lebbrosi, «una categoria che al suo tempo viveva la violenza dell’esclusione: il Poverello non li ha solo serviti, ma si è messo a vivere con loro per servirli; è in questa esperienza che egli attraversa dentro di sé le frontiere del conflitto, maturando gradualmente l’altra posizione, quella della pace, non di un pacifismo chiuso in sé stesso, ma dell’attraversare in sé stesso quella violenza, quell’esclusione, quella barriera che lo dividevano, lui che era un ricco mercante, dai più poveri e dagli ultimi». Se non siamo in pace con gli altri, non lo saremo con noi stessi.

a cura di padre Renzo Cocchi

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