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La saponaria

Il suo nome anticipa già una tra le sue più eccelse qualità, nota anche come l’erba dei lanai scopriamo insieme in che modo questa specie accompagna le attività dell’uomo da sempre

La Saponaria officinalis L. appartiene alla famiglia delle Caryophyllaceae. È una specie eurasiatica, diffusa in tutta l’Europa continentale, in Italia è molto comune e presente in tutto il territorio. Predilige terreni freschi e umidi, le rive dei corsi d’acqua, gli ambienti ruderali, campi e aree antropizzate, dai 1000 metri di altitudine.

Descrizione
La Saponaria officinalis L. è una specie erbacea perenne che può raggiungere 1 metro di altezza. Il rizoma è strisciante, ramificato e di colore bruno rossastro. I fusti sono eretti, cilindrici, glabri; le foglie sono ellitico-lanceolate, sessili, con 3-5 nervature, acute e di colore verde scuro nella pagina superiore. La fioritura avviene da giugno ad agosto. I fiori hanno un diametro di 3 centimetri e sono riuniti in cime fogliose e dense su brevi peduncoli di 2-4 millimetri; il calice è cilindrico, spesso purpureo, almeno in alto, con denti di 1-2 millimetri; i petali con unghia sono lunghi venti millimetri, con un lembo obcuneato ed hanno un colore che varia da roseo a bianchiccio. Il frutto è costituito da una capsula denticida, cilindracea ed ovoide, deiscente per quattro denti apicali. I semi sono reniformi, più o meno compressi, nerastri con superficie tubercolata e ilo laterale.

Utilizzi
La Saponaria deve il suo nome al fatto che le foglie e le radici, sbattute nell’acqua, formano una schiuma detergente come il sapone; veniva già usata per tale scopo dagli Assiri nell’VIII secolo a.C.
Dotata di un elevato potere lavante, il suo decotto viene ancora impiegato in alcune regioni per lavare tessuti delicati quali seta e lana. La sua fama di potente sgrassante della lana era già nota, cinque secoli prima di Cristo, alle popolazioni nomadi dell’Asia agevolandoli nella realizzazione dei loro magnifici tappeti. Gli antichi romani la utilizzavano nei bagni termali, mentre in tempi passati i medici arabi la impiegavano nella cura della lebbra. Nel Medioevo oltre all’uso per detergere, unitamente all’edera, Hedera helix L., il decotto ottenuto dalle loro foglie trovava impiego per colorare di scuro gli indumenti di lana o per mantenerli tali mentre il solo decotto di saponaria per tingerli di un colore giallo chiaro.
Il decotto di radice, invece, una volta filtrato, trova impiego come shampoo rinforzante per capelli fragili e sfibrati, da utilizzare con cautela perché può causare gravi irritazioni agli occhi, nella detersione di pelli delicate specialmente in caso di dermatiti, acne o psoriasi, anche se l’utilizzo sconsiderato può provocare irritazioni cutanee e delle mucose.
La saponaria possiede inoltre proprietà terapeutiche: è diuretica, sudorifera, depurativa ed espettorante. Per uso interno, in medicina, viene impiegata in caso di gotta, congestioni bronchiali e ittero anche se oggi è usata raramente per via del suo effetto irritante sull’apparato digerente; se assunta in dosi eccessive, può generare convulsioni, infiammazioni renali, emolisi e diarrea con sanguinamento, addirittura indebolimento e paralisi dei muscoli, problemi cardio-circolatori e perfino la morte.

Le saponine
Questi composti presenti in tutte le parti della pianta, foglie, gambi ma soprattutto nelle radici, le conferiscono le proprietà tensioattive. Condividono con il sapone la capacità di formare schiuma a contatto con l’acqua e, proprio come il sapone, hanno una parte della molecola facilmente solubile in acqua mentre l’altra si scioglie meglio in un grasso. Le saponine inoltre permettono alle piante di difendersi dagli attacchi di parassiti e micosi.

A cura di Fabiano Ermini e Roberta Zirone dell’Associazione Hortus Simlicium

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