News

Le parole di Papa Giovanni Paolo II durante la visita a Rieti e Greccio nel 1983

Santuario di Greccio
Oggi 18 Maggio 2020, ricorre il centenario della nascita di papa Giovanni Paolo II. In occasione della chiusura dell’Anno Francescano, celebrativo degli ottocento anni della nascita del Poverello di Assisi,  il 2 gennaio 1983 fu in visita ufficiale a Rieti e al santuario di Greccio. Nelle parole di allora, durante il discorso a Piazza Marconi, si coglie un sentimento di appartenenza e di amore profondo verso la nostra Valle Santa.  
 

Signor Sindaco!

1. Le esprimo la mia gratitudine per le sue cortesi e nobili parole, che ho molto apprezzato. Ella si è fatto veramente degno interprete dei sentimenti di umana ospitalità e di cristiana venerazione, che sono propri, ne sono certo, di tutta la buona popolazione di Rieti, del Reatino e dell’intera Sabina. Il mio ringraziamento, perciò, va a tutti coloro che ella oggi rappresenta, e in primo luogo a tutte le autorità locali di ogni ordine e grado, qui raccolte. Nello stesso tempo, voglio anche esprimere la mia gioia per essere potuto ritornare, dopo lunghi anni, in mezzo a queste genti, in una terra tanto illustre e a me tanto cara.

2. L’occasione immediata per il mio viaggio è data, come sapete, dalla chiusura dell’Anno francescano, celebrativo dell’ottavo centenario della nascita del Poverello di Assisi. E qui, attorno a Rieti, ci son ben quattro celebri luoghi francescani: Poggio Bustone, particolarmente amato dal Santo, il quale si rivolgeva ai suoi abitanti con il gentile saluto: “Buon giorno, buona gente”, quasi per farsi uno di loro; poi Greccio, dove Francesco nella notte di Natale dell’anno 1223 ideò e realizzò il primo Presepio della storia; inoltre Fonte Colombo, il cui inviolato silenzio mistico favorì al Santo la stesura della Regola, che egli volle “sine glossa”; e infine il Santuario di Santa Maria della Foresta, che accolse Francesco negli ultimi anni della sua vita, malato agli occhi, e dove, secondo alcuni studiosi, risonarono per la prima volta gli ineguagliabili accenti del “Cantico delle creature”. E come non esultare di fronte a tante memorie di fede e di arte, che sono radicate, qui in questa terra, e che di qui hanno irradiato nel mondo l’affascinante ideale francescano, rendendo noto ed illustre il nome di Rieti!

3. Ma se Francesco d’Assisi ha prediletto questa valle e la sua gente, è anche perché vi ha trovato particolari valori di antica tradizione. So che le popolazioni del Reatino sono caratterizzate da uno spirito di autentica laboriosità, austerità e religiosità. Già Tito Livio magnificava l’avita integrità delle genti sabine: “Quo genere nullum quondam incorruptius fuit” (Tito Livio, Histor. 1,18); ed esse hanno l’onore di avere dato alla storia, tra l’altro, il dottissimo Varrone e la famiglia imperiale dei Flavi. Ma le antiche virtù continuano ancor oggi e io mi auguro che esse distinguano sempre gli abitanti di queste terre, poiché costituiscono un solido substrato umano, che come buon fondamento è in grado di reggere e assorbire senza traumi tutti i numerosi mutamenti storici e sociali, fattisi ancor più rimarcati nel nostro tempo.

Nella mia visita desidero incoraggiare l’impegno per la salvaguardia e lo sviluppo di questi valori. Il Papa è venuto per annunciare, come sempre, innanzitutto il Vangelo, il quale però è anche la prima e più valida condizione di promozione umana. Lo stesso Francesco, proclamando il Vangelo, non ha fatto altro che elevare l’uomo, prospettando una tale armonia tra fede cristiana e valori umani da diventare non solo modello esemplare di cristiano autentico e di santo, ma anche luminoso punto di riferimento per un tipo d’uomo, profondamente affratellato al prossimo e pienamente riconciliato con la natura. Il Vangelo, infatti, quando è accolto e vissuto nella sua genuinità, non può non rivolgersi a vantaggio della persona umana nella sua integralità.

Il mistero del Natale di Gesù, che abbiamo celebrato pochi giorni fa, ci rivela proprio ciò che l’apostolo Paolo chiama “l’amore di Dio per gli uomini”. Con questo annuncio, la Chiesa nel suo insieme e ogni singolo cristiano collaborano in modo insostituibile alla edificazione della città terrena. Un esempio, forse secondario ma pertinente a questi luoghi, può essere quello del mio predecessore Clemente VIII, che nel 1598 venne qui per incoraggiare i lavori di bonifica relativi alla “cascata delle Marmore”! Ciò significa che non si può credere in Cristo e poi disinteressarsi del contesto materiale della vita dell’uomo, poiché, al contrario, Cristo è “Redentore dell’uomo”, e i due poli sono inscindibili.

4. Carissimi! Questa terra, oltre che essere illustre, ha pure dei motivi che a me la rendono tanto cara, perché già meta di pellegrinaggi e di escursioni fin dal tempo della mia giovinezza. Infatti, nell’ormai lontano 1946, quando ero giovane studente all’Ateneo “Angelicum” di Roma, feci il giro dei santuari francescani di questa zona; e ne porto ancora negli occhi gli stupendi paesaggi e soprattutto nel cuore le indicibili emozioni da essi suscitate. Una seconda volta vi venni, in seguito, come Vescovo di Cracovia, e sempre mi è piaciuto, inoltre, il vostro superbo Terminillo. Oggi, pertanto, non vengo qui come forestiero, poiché ritrovo non solo una parte della mia vita passata, ma ritrovo soprattutto voi, cari reatini, che siete il primo titolo di vanto di questa terra. Ringrazio quindi il Signore e ringrazio tutti voi per questa accoglienza festosa.

Da parte mia, vi assicuro un particolare ricordo nelle mie preghiere, perché vi sia concessa una vita serena, mediante il superamento delle varie difficoltà del momento e il raggiungimento di una sicurezza, che sia insieme materiale e spirituale. Sì, vi porto tutti nel cuore, e, mentre tutti sprono sulle vie del bene, sono lieto di impartire a tutti voi, autorità e cittadini, e a quanti vi sono cari, la benedizione apostolica, in pegno di copiosi favori celesti per una vita pienamente umana e cristiana.

Foto di Monica Domeniconi

Previous ArticleNext Article