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Un Papa francescano a Rieti

Il francescano Girolamo da Ascoli, nato a Lisciano negli anni venti del XIII secolo, già Ministro Provinciale della Sclavonia tra il 1272 e il 1274, in seguito Ministro Generale dell’Ordine dei Frati Minori, impegnato in varie e delicate missioni diplomatiche, alla morte di Onorio IV gli succedette dopo una lunga sede vacante scegliendo programmaticamente di assumere il nome di Niccolò IV.

Un anno dopo l’elezione al soglio pontificio, nella primavera del 1289 Niccolò IV ebbe il privilegio di inaugurare il Palatium Domini Papæ costruito in soli cinque anni a Rieti grazie all’intento del vescovo Pietro Gerra, del podestà Accorimboni da Tolentino e soprattutto alla perizia dell’architetto Andrea magister autore del progetto culminante nella loggia delle benedizioni affacciata sul sagrato settentrionale della cattedrale.

Attraverso la loggia, si accedeva all’ampia aula delle udienze della Curia, dalle imponenti dimensioni di 46 metri di lunghezza, 14 di ampiezza, 13,50 al vertice della copertura a spioventi, replicate dal vestibolo in pietra e mattoni.

Fu questo il maestoso scenario che accolse Carlo II d’Angiò, detto il ciotto, quando il 29 maggio 1289 fu incoronato sovrano del Regno di Sicilia e di Gerusalemme insieme con la moglie Maria d’Ungheria, mentre tre dei suoi figli erano ancora ostaggio di Alfonso d’Aragona.

Il Papa aderì alla richiesta di applicare il rituale in uso in Francia, piuttosto che l’ordinario rituale romano. La cancelleria pontificia registrò dunque puntualmente tutte le fasi del rito. L’evento, compiuto nella città al confine fra il Patrimonio di San Pietro ed il Regno napoletano, la cui Diocesi si estendeva entro un territorio contermine, ebbe conseguenze a lungo termine estremamente negative per Rieti, la cui economia fu condizionata dall’infittirsi di una cintura di centri angioini – come Leonessa, Cittaducale, Cittareale, Borbona – a guardia delle vie di commercio. Più tardi, l’avvio della cattività avignonese avrebbe allontanato per sempre da Rieti i papi che al ritorno in Italia si sarebbero definitivamente stabiliti a Roma.

 A cura di Ileana Tozzi

Foto da Wikimedia

 

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