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La Venerabile Compagnia delle Stimmate di San Francesco

Venerabile Compagnia

Nel 1605 il vescovo Gaspare Pasquali, istituì presso la basilica inferiore della cattedrale la Venerabile Compagnia delle SS. Stimmate di San Francesco destinata a svolgere il pietoso compito dell’assistenza ai moribondi e dell’ufficio di sepoltura. Originario di Montereale in Diocesi di Rieti, maestro di sacra teologia nell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, dal 1589 frate Gaspare Pasquali era vescovo di Ruvo di Puglia quando, nel 1604, fu chiamato a reggere la Diocesi reatina. Il suo episcopato, durato fino al 1612, anno della sua morte, fu caratterizzato da un’assidua pastorale e da una scrupolosa amministrazione.

La Compagnia era costituita dal vescovo titolare e da dodici membri, in memoria e ad imitazione dei dodici apostoli e dei dodici compagni di San Francesco, scelti fra i membri del Capitolo della cattedrale, che durante le funzioni erano tenuti a vestire il sacco ed il cappuccio utile a garantire loro l’anonimato, stante la delicatezza e gratuità dell’opera che erano chiamati ad assolvere. Ben presto, però, la congregazione si secolarizzò adottando lo statuto dell’omonima compagnia romana e si aprì ad accogliere come membri tanto i laici che le donne, sia pure con mansioni distinte e subordinate. L’organigramma della confraternita, ai cui vertici accedevano unicamente gli uomini, fu costituito da un Primicerio, un Guardiano, un Vicario, un Primo Assistente, un Secondo Assistente, un Maestro dei novizi, due Provveditori di Chiesa, due Provveditori dei Morti, due Sagrestani Maggiori, due Sagrestani Minori, due Infermieri, due Segretari, due Pacieri, due Cantori, a cui si aggiungevano i Revisori dei conti.

La Venerabile Compagnia si avvaleva a Roma della tutela di un Cardinale Protettore, a cui si offrivano regalie in segno di gratitudine per il suo operato. I postulanti, quale che fosse il loro rango, venivano ammessi dopo una lunga e rigorosa preparazione, uno scrupoloso esame, l’unanime risultato di uno scrutino segreto dal quale erano esonerati i consanguinei.

I confratelli più poveri avevano di frequente difficoltà a dotarsi di sacchi nuovi e decorosi. Per questo, frequentemente venivano promosse questue per provvedere la Compagnia di nuovi sacchi.

In alternativa, si deliberava di rifiutare l’aggregazione dei nuovi fratelli «se non provvisti del proprio decente sacco».

Nel corso del Seicento, la Compagnia era tenuta a svolgere regolarmente svariate funzioni: ogni venerdì un Cappuccino proponeva edificanti letturepronunciava «li sermoni per la buona morte», durante il Carnevale provvedeva all’esposizione del SS.mo Sacramento, partecipava alle processioni ed alle cerimonie pubbliche, gestiva le elemosine ed il ricavato della «cerca per la città» per provvedere al riassetto della sede ed al rifacimento dei sacchi, alla dotazione del mobilio, ai necessari lavori di manutenzione della Grotta, le cui spese erano abitualmente condivise con il Capitolo.

Testo a cura di Ileana Tozzi

Foto di Monica Domeniconi

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