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La nascita del santuario di Greccio e della tradizione del Presepe

santuario di greccio

Secondo le fonti francescane, San Francesco fu a Greccio fin dal 1217, quando dimorò sul monte Lacerone, là dove sul finire del Settecento fu innalzata una cappellina in memoria. Di lassù scendeva frequentemente in paese, a predicare la buona novella e fustigare i costumi rilassati dei grecciani: la sua parola infiammò l’animo del signore del luogo, Giovanni Velita, che lo esortò a rimanere più vicino al paese ed ai suoi abitanti.

La tradizione vuole che San Francesco incaricasse un fanciullo di scagliare un tizzone ardente: dove questo fosse caduto, là il Santo avrebbe stabilito la sua dimora a Greccio. Miracolosamente, il tizzone andò a cadere oltre la valle, lungo la parete rocciosa del monte dove fu costruito il convento francescano.

L’insediamento era ancora poco più che un sito rupestre, quando nel Natale del 1223 avvenne il miracolo a cui si deve la tradizione del PresepeSan Francesco infatti aveva raccolto la popolazione in preghiera, nell’umile grotta presso cui risiedeva, allestendo secondo il gusto proprio della Sacra Rappresentazione una mangiatoia, simile a quella della capanna di Betlem, presso la quale il sacerdote avrebbe celebrato la Messa di Natale.

Questa fu benedetta dalla miracolosa apparizione del Divino Bambino. Intorno alla metà del XIII secolo, i frati concordarono con la comunità di Greccio affinché fosse eretta una piccola cappella ad inglobare quella grotta, che fu da allora luogo di pellegrinaggio e di culto.

Risale al XV secolo l’affresco, dalle evidenti ascendenze umbre, che narra e testifica il miracolo. La parete, dall’andamento irregolarmente arcuato, a sesto ribassato, reca una fascia suddivisa verticalmente in due metà asimmetriche: nella porzione di sinistra, viene raffigurato il miracolo, nella più ampia porzione di destra è magnificata la maternità di Maria.
Sobria ed essenziale nelle linee, impreziosita dalla luminosità dei colori, la Madonna in Maestà è colta dall’anonimo pittore umbro-sabino nel dolce atteggiamento di cura della madre che porge il seno al proprio bambino. Questo è in fasce, rigido e ritto sulla mangiatoia, a cui s’appoggia San Giuseppe.

All’immagine ispirata dalla nascita, avvenuta nella grotta della Palestina, corrisponde la scena ancora viva nella memoria dei frati e degli abitanti del piccolo borgo montano: nello squarcio di sinistra, dunque, si concentra l’attenzione dell’artista che intende ricostruire credibilmente l’evento, proponendo per primo l’accostamento che fa di Greccio una novella Betlem.
La scena si articola in uno spazio interno, lo spazio del sacro e del santo, scandito dalla porta di accesso alla grotta, ed uno esterno, in cui si affollano i paesani, chiamati a raccolta da Giovanni Velita.
Ai piedi del rustico altare, nella mangiatoia, è apparso vivo il Bambino Gesù: San Francesco è inginocchiato al suo cospetto, raccolto umilmente in preghiera. Alcuni elementi iconografici rinviano volutamente dall’una all’altra scena, al fine di rendere più autentico, inconfutabile, il messaggio divino affidato al miracolo.

L’affresco manifesta dunque un forte intento didascalico, intenzionalmente ricercato dall’artista e voluto dagli stessi committenti, affinché si radicasse nella coscienza collettiva quanto era presente nella storia. Prossima alla cappella del Presepio è la piccola chiesa conventuale, che conserva gli stigli lignei del coro, il leggio e l’antica lanterna girevole, utilizzata dai frati per illuminare il Salterio durante le funzioni notturne.

Testo di Ileana Tozzi

Foto di Francesco Nativo

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