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La roccia e la croce

In più luoghi della Valle Santa resta la presenza preziosa dei segni amati da san Francesco

Francesco di Assisi aveva presenti nella mente due cose: l’umiltà dell’incarnazione e la carità della passione. Difficilmente gli riusciva di pensare ad altro. Con simili parole Tommaso da Celano evidenzia ciò che Francesco meditava continuamente e nei santuari della valle di Rieti questi aspetti sono più che mai presenti: a Greccio, che è il luogo che ricorda l’incarnazione di Gesù, ma poi a Fonte Colombo, a Poggio Bustone e a La Foresta dove sono custoditi la roccia e la croce, due elementi che egli voleva sempre avere dinanzi agli occhi.
Per Francesco la croce è un libro, il liber crucis, dal quale apprendere tutto l’amore che Cristo ha avuto per noi donando la sua vita sulla croce. Il Poverello non era più un uomo che pregava, ma un uomo divenuto preghiera, e conosceva a memoria la Bibbia.
E poi la roccia che ci ricorda la morte di Gesù: infatti quando il Figlio di Dio spira, un terremoto spacca le pietre. Da qui l’usanza di dimorare nella fenditura della roccia, in quello specus vulneris, la spaccatura del costato.
I santi ci ricordano che il rapporto di amore con Dio non pretende cose straordinarie o fuori del comune: il segreto è riconoscerlo nelle piccole cose, toccarlo nella carne ferita degli uomini, testimoniarlo nei piccoli gesti di ogni giorno.

A cura di Padre Renzo Cocchi

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