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Convegno di Greccio: il sale degli studi francescani

Si è svolto il 10 e 11 maggio il XVII Convegno di Greccio. L’iniziativa promossa da Centro Culturale Aracœli e Provincia di S. Bonaventura dei Frati Minori è ormai un appuntamento fisso degli studi su san Francesco e quest’anno, con l’aiuto dei professori Luigi Pellegrini, Grado Giovanni Merlo, Attilio Bartoli Langeli e Leonhard Lehmann si è cercato di mettere a fuoco il vasto campo di ricerca della francescanistica moderna.
Uno sforzo, ha rilevato il vescovo Domenico aprendo il secondo giorno dei lavori, che non può prescindere da una connotazione non solo bibliografica, ma anche geografica. Studi e atti provengono infatti dai convegni di «Assisi, Todi, Foligno… e anche Greccio», e in questa pluralità si rispecchia un problema originario del francescanesimo: quello su cui tutti gli studi francescani si arrovellano. È il Testamentum del santo, «forse il suo scritto più significativo»: un testo «di cui cercano di delineare i prodromi delle contraddizioni insanabili che avrebbero accompagnato sin dal suo sorgere la crescita e lo sviluppo dell’Ordine».
In questa prospettiva, il passaggio decisivo di ogni studio su Francesco consiste nel confrontarsi con il suo propositum vitae, «che è fondato sul Vangelo, su una intuizione rivelata da Dio stesso». L’autorevolezza con la quale Francesco «proponeva se stesso come fondamento e criterio di autenticità della presenza minoritica passata, presente e futura» è insieme il fondamento e la pietra d’inciampo del francescanesimo. E se la morte di Francesco «libera anche la dirigenza e i frati da una presenza forte che si era fatta ingombrante», non libera però l’Ordine «da quelle insidie e da quei rischi che egli aveva lucidamente individuato».
Contraddizioni che a ben vedere sono il sale stesso degli studi francescani, perché la questione delle “metamorfosi”, «da Francesco in poi che non smette di tormentarci e di inquietarci», ma proprio per questo c’è «la necessità continua di affinare la ricerca storica per risalire all’originaria forma di Francesco».
Forma storica – e qui si chiude il cerchio – che non può prescindere da una geografia francescana. E siccome la presenza del santo a Rieti è ben documentata «per la contemporanea presenza della corte pontificia a Rieti», può essere saggio ripartire da qui per «alimentare la storiografia fino a farne un esemplare banco di prova, rimuovendo se necessario quello che di manipolato, distorto, strumentalizzato si è potuto consolidare nel tempo».
Una prospettiva interessante, in questa direzione, la potrebbe offrire l’avvicinarsi dell’ottocentesimo anniversario del primo presepe di Greccio. La data del 2023 spinge a rinnovare lo sguardo sul 1223, a ridiscutere la visione di san Francesco a partire da quella straordinaria intuizione. È singolare, infatti, che il poverello abbia prodotto il presepe proprio mentre tra i frati regnavano il disordine e l’incertezza per il futuro.

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