Sabato 15 e domenica 16 dicembre l’iniziativa compresa nella Valle del Primo Presepe ha visto una chiesa di San Domenico gremita di grandi e piccoli che hanno passato ore divertenti e costruttive grazie all’allegria delle colorate costruzioni Lego®.
«Il nostro obiettivo è far tornare i genitori insieme ai nonni e ai loro bambini a sedersi intorno a un tavolo per divertirsi e creare qualcosa insieme», dice la signora Antonella dell’Associazione “Sleghiamo la Fantasia”, che ha portato un fine settimana di divertimento a Rieti grazie un camion carico di mattoncini colorati.
Obiettivo sicuramente raggiunto per l’iniziativa compresa nel progetto “La Valle del Primo Presepe”, considerando che a memoria d’uomo una chiesa di San Domenico così pregna di divertimento non si era mai vista. A disposizione di piccoli e meno piccoli una vera e propria montagna di costruzioni Lego® di tutte le fogge, dimensioni e i colori, divise e adatte per ogni fascia di età.
Sul morbido tappetone adiacente al monumentale organo Dom Bedos, tolte le scarpe i più piccoli si sono letteralmente immersi nel colorato mondo dei mattoncini, per loro appositamente più grandi e maneggevoli. Scatole e scatole di componibili divisi cromaticamente per i più grandi, per fare sfogo alla fantasia più sfrenata, con risultati davvero sorprendenti.
Alberi, pupazzi di neve, grattacieli e piramidi, e naturalmente tanti soggetti soggetti a tema natalizio. Immancabili i presepi, sul cui tema è stata incentrata l’intera due giorni. Alla fine, kit di partecipazione per tutti i partecipanti e foto di rito con il vescovo Domenico e l’assessore alla cultura del Comune di Rieti Gianfranco Formichetti, entrambi fortemente intenzionati a ripetere l’idea il prossimo anno.
Significativa la collaborazione di tutti coloro che hanno dato una mano, smontando le creazioni per rimettere in circolo i mattoncini, e seguendo passo passo i bambini e i genitori. Significativa la presenza delle suore delle scuole paritarie che hanno portato ed assistito i piccoli, e fondamentale l’aiuto dei ragazzi in alternanza scuola-lavoro dell’IPSSCS-Savoia Rieti, dei Boyscouts, dall’Azione Cattolica e da tutte quelle persone di “buona volontà” che armate di sorriso hanno saputo rendere piacevole questo evento festoso ai bambini e alle loro famiglie.
Un’occasione davvero unica per la città, tanto più con un tempo sfavorevole al’esterno, che ha permesso di poter riunire le famiglie con tanta calma, pazienza, voglia di stare insieme e…senza telefonini!
I mattoncini Lego® come collante per colloquiare, scambiarsi idee e opinioni su quello o l’altro modo per costruire, su quale colore scegliere, per poi fotografarsi insieme davanti all’opera conclusa.
Arduo dire se si siano divertiti più i piccoli o i grandi. Sabato e domenica in San Domenico se ne sono viste davvero tante, di scene sorprendenti: mamme sornione alla vista dei papà che invece costruivano con grande serietà, progetti costruttivi galattici da portare a termine in perfetta scala cromatica, nonni incuriositi che gironzolavano per la chiesa, e soprattutto bambini eccitati ed adrenalici solo alla vista di tanti giochi tutti per loro, e per due giorni interi.
Giornate quasi contro tendenza, dove tutti si sono sentiti sereni e riuniti piuttosto che distratti e presi dalla problematicità dalla vita: veri e propri momenti magici, di stacco da un quotidiano che spesso allontana dal calore familiare.
Alle 16.00 non è mancato per i genitori presenti un momento formativo con il vescovo Domenico in Cattedrale, dove in un clima senza dubbio più spirituale, si è cercato di dare un senso più profondo al significato al Natale, al presepe di san Francesco e all’importanza di “essere” una famiglia.
«Parlare del Natale – ha esordito il vescovo Domenico – significa parlare del presepe Francesco e del suo profondo significato che richiama la voglia di ritrovarsi con tutta la famiglia davanti al mistero dell’incarnazione. Il presepe o praesepium, quella “mangiatoia” o “greppia” che suscita il ricordo dei disagi che a Betlemme provò, nascendo, Gesù Bambino».
Ma il vescovo, attraverso i personaggi che animarono il presepe semplice del Poverello ha richiamato anche la fatica quotidiana dei genitori di far crescere i propri figli. Così la mangiatoia, simbolo del “riparo”, diventa la consistenza della vita e il richiamo incessante ad educare i figli alla consapevolezza di “ciò che siamo” contro ogni forma di massificazione; l’asino e il bue, interpretati come la possibilità di mantenere quei legami con il nostro passato e il presente, in una società dove pur “connessi e globalizzati” si rischia di essere sempre più soli.
Una famiglia quella proposta dal vescovo che mette al centro le alleanze e i legami educativi veri e profondi, che, come indica la stella “illumina i desideri” dei figli ma è capace con forza di affermare principi educativi quali l’identità, l’anteriorità e la socialità.
Una famiglia capace di dare fiducia ai propri figli perché sentano di esser protagonisti di un autentico progetto di vita, così come Francesco nella notte di Natale del 1223 fu capace di vedere in quella mangiatoia la grandezza infinita di un Dio che si fa carne.
Dopo la celebrazione Eucaristica dell’Avvento, le famiglie si sono ritrovate di nuovo nella chiesa di San Domenico, ancora densa di gioco e divertimento, reso ancor maggiore con l’arrivo del gruppo della Pasquella di Varano, che ha allietato la conclusione dell’evento con zampogne e ciaramelle, strumenti tipici del Natale.
«È stata l’unica domenica in cui si è alzato presto e vestito da solo in fretta e furia, per paura di non trovare subito i colori che gli servivano», dice una mamma. «Mentre lui gioca io faccio una grande piramide dice il padre: da piccolo mi piacevano tanto queste costruzioni ma non avevo tutti questi pezzi a disposizione, né tutte queste sfumature cromatiche». Ma i più bravi, sono stati certamente i bambini. Assistiti dai volontari, con ordine e compostezza hanno raccolto i mattoncini caduti e acconsentito senza problemi a lasciare un po’ di rosso – il colore prediletto per le feste – ai bambini giunti dopo di loro. «Ne prendo solo qualche mattoncino – dice Tommaso – giusto per fare il naso alla renna. Gli altri li lascio a Niccolò che voleva costruire Babbo Natale: a lui ne servono di più». E se non è questo lo spirito vero del Natale, quale volete che sia?